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1999 - SIAMO TUTTI SCHIAVI DEL TEMPO

Tutti tutti? Sì, tutti... ma noi dei 53 però siamo speciali.

Sembra appena ieri la chiusura della rappresentazioni del 1998, ed eccoci già al nuovo appuntamento che, qualora ce ne fosse bisogno, ci ricorda puntualmente l'inesorabile scorrere del tempo.

Tutti siamo schiavi del tempo che inesorabilmente passa e porta via ogni giorno un briciolo della nostra vita, sempre alla ricerca di qualcosa che appaghi i sensi... tutti!

Ma noi del 53 siamo speciali, e pur sottoposti come tutti a questa affannosa ricerca, troviamo tuttavia la maniera di evadere i vincoli temporali. Perché se è vero che è trascorso un anno (e siamo già alla fine del secondo millennio) lo spirito e la voglia di continuare nella strada intrapresa sono rimasti invariati.

E poi le operette costituiscono una splendida macchina del tempo, che ci (vi) consente di viaggiare in su e in giù per i secoli e le epoche storiche.

Se l'anno scorso avevamo portato il nostro pubblico (sempre più folto, appassionato e divertito, va detto) in quegli splendidi, indimenticabili e tormentosi anni della caduta (ahinoi) della Repubblica Senese, eccoci ora come per incanto nell'antico Egitto, e più precisamente nel settimo anno di regno dell'illuminato faraone Di-Habet-Eh I.

La data esatta? Ma il 1953 a.C, naturalmente, perché al di là o al di qua dello spartiacque storico segnato dalla nascita di Cristo, il 1953 rimane pur sempre il 1953: un anno magico, in cui la notizia del ritrovamento, nelle lontane terre della Nubia, di un misterioso sarcofago rompe la pur lieta monotonia della brillante vita di corte del faraone e dà inizio a una serie di mirabolanti avventure.

E così ci si rimette in costume e si torna a calcare quel palcoscenico che ormai è familiare al nostro teatro che, come ha detto qualcuno molto più serio di noi (noi non ci saremmo mai azzardati), è "autentico teatro civico".

Sì, perché quando le luci della ribalta si spengono, quando l'eco dei nostri canti vagamente avvinazzati si attenua, quando pubblico e attori tornano alla vita di tutti i giorni, alla città resta sempre qualcosa: "un po' di levità da portare nella gravità quotidiana", una certa invidia (sono quelli del 52 e del 54) o una bella risata, ma anche qualche sedia a rotelle per i vecchi di Campansi, qualche milione per la Croce Rossa o un'ambulanza per la Misericordia, che ormai da qualche anno è nostra inseparabile compagna di strada.

Così come inseparabile (e provvidenziale) angelo custode è diventato, anno dopo anno, operetta dopo operetta, il prode maestro rammentatore (fuori quota, ma ormai ragazzo del 53 ad honorem) Riccardo Pini, sempre in agguato nell'ombra per ricordare la parte a chi se l'è dimenticata... ovviamente a condizione di non essersi dimenticato gli occhiali a casa...

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